I 30 Anni dell'Albero azzurro

In occasione dei 30 anni della trasmissione "L'albero Azzurro", pubblichiamo il contributo della Prof.sa Vanna Gherardi apparso sul numero di gennaio/marzo della rivista "Infanzia"

Pubblicato il 01 gennaio 2021

Lo statuto della televisione per bambini, formulato in occasione del primo World Summit on Media for Children[1] nel 1995, mise in atto cambiamenti nella cultura televisiva globalizzata con la promozione di un nuovo modo di atteggiarsi verso l’infanzia televisiva. Il testo porta al primo punto l’invito a produrre “programmi di alta qualità che vengano prodotti espressamente” per i bambini. Programmi che “oltre a intrattenerli dovrebbero consentire ai bambini di svilupparsi fisicamente, mentalmente e socialmente in tutto il loro potenziale”[2]. L’Albero Azzurro costituisce un esempio italiano in questa direzione. Nato agli inizi degli anni ’90, messo in onda in quegli anni sulle due principali reti RAI con appuntamento quotidiano, l’Albero Azzurro segna una svolta significativa nell’ambito della programmazione RAI destinata ai bambini. Segna parimenti una svolta significativa del fare ricerca educativa sul rapporto TV e infanzia.

L’intento era di costruire un programma per bambini che si ponesse in relazione narrativa con il suo pubblico. Un programma di “rara bellezza”, con una scenografia essenziale, musiche semplici e accattivanti, testi narrativi costruiti da autori per bambini per parlare a bambini al di là dello schermo.

Si è presentato da subito come un grande laboratorio di TV per bambini, un programma di intrattenimento educativo in grado di dialogare con un pubblico di utenti speciali, i bambini. Da una prima fase sperimentale, il programma ha subìto varie modificazioni che hanno trasformato nel tempo il programma di rara bellezza, sobrio e minimalista, privo di effetti speciali, rispettoso dei tempi di fruizione dei più piccoli, in un prodotto dal ritmo più disinvolto e meno incisivo degli ultimi tempi. Un diverso lavoro di produzione ha lasciato un’impronta del “complicare”, nel significato che ne dà Munari (vedi l’intervento di Mussi Bollini) su cui la nuova edizione sta intervenendo con il proposito di “semplificare”. Come dice Mussi Bollini, l’attuale curatrice del programma, nel suo intervento qui nel Focus, con la nuova edizione si cerca “di recuperare la vera natura del programma, attualizzandolo a questi tempi”.

Tuttavia, la storia del programma, la sua validità sul piano educativo e didattico, ci portano a considerarlo ancora come una risorsa. È risorsa il progetto e il lavorio redazionale. È risorsa il patrimonio di testi narrativi, musicali e di manualità che fanno del programma un prototipo nell’ambito degli strumenti della media education (vedi l’intervento di Sardo). Una produzione televisiva maturata in rapporto al contributo di indagini con i bambini al di qua dello schermo e compiute in sinergia collaborativa tra l’équipe di redazione e quella di pedagogisti. È iniziativa del gruppo dirigente del programma la scelta di affiancare la produzione televisiva con esperti del settore educativo già interessati a indagare il rapporto tra bambini piccoli e la TV. Si realizza così l’intento di Piero Bertolini, coadiuvato dal gruppo di ricerca che si era costituito presso l’Università di Bologna, di dare corso alla co-costruzione di un programma televisivo pensato per bambini reali. E bambini reali sono quelli che vengono sottoposti alla fruizione delle varie puntate per osservarne i comportamenti (sul piano dei modelli) verbali, emotivi, di attenzione o di stanchezza, nel corso di sistematici monitoraggi. Effetti rivelatori di apprendimenti, su vari piani dello sviluppo, nei bambini interessati alla fruizione.

Nel corso delle prime serie, sono state sperimentate continue variazioni stilistiche al fine di ricercare le stimolazioni più proficue perché il programma consentisse una reale partecipazione emotiva e cognitiva del bambino, a partire dai tre anni d’età, alle esperienze narrative ed esplorative che gli venivano proposte[3].

Questo Focus sul programma rende conto della pluralità di ottiche data dalle sue componenti strutturali.

In occasione dei 30 anni del programma, Maria Mussi Bollini parla di impegno e responsabilità dell’attuale redazione a rendere la trasmissione più consona al pubblico di piccoli fruitori a cui è destinata. E così il gioco è tornato ad essere centrale in ogni puntata come la cooperazione con le nuove tecnologie sempre più destinate ai più piccoli.

Renzo Salvi, che ha la cura editoriale e produttiva della prima serie, presenta la nascita, l’alba del programma. La costruzione di un’eccezionale redazione, una fucina di ide da cui prende corpo il tessuto, l’intreccio del programma, il personaggio principale Dodò e il suo Albero casa, da un’idea di Bruno Munari, di colore azzurro (ecco il titolo), oggetto scenico tra realtà fisica e fantasia, creazione di Gastone Mariani dell’Accademia di Brera. Un programma di immagine e di parola continua.

Andrea Canevaro, nel tracciare le coordinate di un programma educativo presenta l’idea pedagogica che lo informa: l’educazione attiva. “L’Albero Azzurro non vuole insegnare niente. Vuole imparare qualcosa. Dodò, (…) non sembra in grado di insegnare niente. (…) È il paradosso dell’educazione attiva. L’Albero Azzurro si è trovato senza saperlo a far parte dell’educazione attiva”.

Bruno Tognolini, uno degli autori della prima serie, ripercorre la composizione del programma, il funzionamento di quell’intreccio felice di tre delle sue componenti: televisione, pedagogia, letteratura per l’infanzia, che ha permesso di fare una TV educativa e divertente, buona e bella. L’intreccio felice opera il superamento tra TV educante e TV divertente. La letteratura cura la bellezza della storia e delle parole per narrarla con responsabilità educativa.

Carlo Baruffi, presenza costante in redazione e nella ricerca sul campo, trait d’union tra la redazione televisiva e il gruppo dei pedagogisti, attento ai riscontri delle idee educative nelle proposte degli autori, incontra un gruppo di trentenni: i “figli” dell’Albero Azzurro. Emerge la condivisione di un passato comune come piccoli telespettatori appassionati “alla loro trasmissione”, passione che li ha portati, con la complicità della rete, a incontrarsi per il piacere di ricostruire la loro crescita all’ombra dell’Albero Azzurro.

Milena Manini ripercorre il cammino della ricerca sul rapporto tra TV e bambini che si era avviato fin dai primi anni ’70 presso il Dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna, ad opera di Piero Bertolini e del gruppo di ricerca interessato allo studio dell’influenza televisiva sulla crescita dei bambini piccoli, e culminato nella collaborazione alla costruzione di un programma specifico per loro: l’Albero Azzurro. Emerge la tensione della ricerca a contrastare la logica dei “venditori di programmi” per affermare la necessità per i programmatori televisivi di avere cura e responsabilità educativa nei confronti di un pubblico speciale, i bambini, sempre più presente davanti allo schermo televisivo.

Rosaria Sardo, linguista attenta all’influenza dei programmi televisivi sulla lingua, presenta le caratteristiche di testualità del programma che ne fanno una “punta di eccellenza” nel panorama televisivo rivolto all’infanzia. Nell’Albero Azzurro l’attenzione alla parola è costante. L’italiano colloquiale ma accurato, in un lessico ricco ma sempre spiegato, garantisce la piena comprensione da parte dei bambini. Caratteristiche che portano la Sardo ad affermare la validità della trasmissione sul piano didattico della lingua italiana, testo di “alfabetizzazione” audiovisiva anche per quei nuovi bambini italiani provenienti da ogni parte del mondo, ai quali serve un modo gentile e rispettoso di comunicare, “caratteristiche offerte in modo ottimale dalla trasmissione più pacificamente rivoluzionaria dell’ultimo trentennio”.

[1] Importante evento internazionale che riunisce rappresentanti dell’industria televisiva, enti pubblici e studiosi per discutere le politiche dei media in rapporto ai bambini.

[2] Si veda l’opera di Dafna Lemish, I Bambini e la TV, Raffaello Cortina Editore, Milano 2008, p. 240.

[3] Per un resoconto delle indagini compiute con i bambini sulla qualità dell’esperienza offerta loro dal programma si veda: Vanna Gherardi, La ricerca sull’Albero Azzurro, in R. Farné, V. Gherardi, a cura di, All’ombra di un Albero Azzurro. Ricerca su un programma televisivo per bambini. CLUEB editrice, Bologna 1994, pp. 113-128.