ICARE - Integration and Community Care for Asylum and Refugees in Emergency

Il progetto Integration and Community Care for Asylum and Refugees in Emergency (ICARE), finanziato dal Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (FAMI), è nato con l’obiettivo di migliorare l’accesso e la fruizione ai Servizi Sanitari Territoriali da parte di Richiedenti e Titolari di Protezione Internazionale (RTPI), promuovendo così una risposta ai bisogni di salute il più possibile strutturale.

Nell’ambito di tale progetto, l’Azienda Ospedaliero Universitaria Meyer, attraverso il Centro di Salute Globale (CSG), ha promosso una collaborazione con il Centro di Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale (CSI – Dipartimento di Storia Culture Civiltà) dell’Università di Bologna finalizzata al miglioramento della fase di accoglienza e all’ottimizzazione dell’accesso ai servizi sanitari territoriali e al rafforzamento delle competenze e alla supervisione – nelle Aziende Sanitarie – di équipe multidisciplinari e multiprofessionali.

La realizzazione di tali progettualità ha previsto il coordinamento da parte del CSI delle attività di formazione di carattere antropologico, nella modalità di apprendimento situato, inteso nei termini di formazione “sul campo”. Tale formula è nata proprio in risposta ai bisogni riscontrati dagli operatori e dalle operatrici nei confronti delle difficoltà in termini di comprensione, relazione e comunicazione nel lavoro quotidiano con un’utenza migrante eterogenea per provenienza, in continuo mutamento e portatrice di specifiche idee, necessità e attese connesse ai processi di salute e malattia.

In questo contesto, l’apporto antropologico è stato dunque inteso come contributo operativo per co-costruire “attrezzi plurali” in risposta a fenomeni complessi. L’aver prediletto un approccio di ricerca-azione ha permesso di sperimentare un laboratorio permanente e partecipato allo scopo di promuovere una riflessione collettiva sulle pratiche che prendono vita nel contesto operativo sociosanitario e introdurre interventi migliorativi. Il progetto ha previsto il coinvolgimento delle tre AUSL toscane.

 

Obiettivi specifici:

  • supportare professioniste e professionisti dei consultori negli itinerari di accoglienza della persona migrante (RTPI in particolare) attraverso un approccio antropologico incentrato sulla relazione e co-costruzione del significato del percorso di cura;
  • discutere ed esaminare, attraverso un’ottica multidimensionale/multidisciplinare e per mezzo di “casi studio”, come migliorare i percorsi di cura dei/delle pazienti; 
  • promuovere l’autoriflessività sulle pratiche e sulle dinamiche interne, come processo di sperimentazione e crescita permanente delle singole individualità professionali, dell’équipe consultoriale e della collettività.

 

I percorsi di apprendimento situato hanno dovuto necessariamente confrontarsi con la grande eterogeneità presente nei territori in termini di caratteristiche geografiche e sociodemografiche, strutturazione e peculiarità dei servizi e della rete, e bisogni specifici dell’utenza. Inoltre, essi hanno previsto metodologie diverse (lavoro con gli incidenti critici, focus-group, questionari, mappe concettuali, interviste etnografiche in profondità, percorsi di educazione sanitaria) avviando percorsi di affiancamento e supervisione di volta in volta co-costruiti. 

I percorsi avviati hanno messo ben in luce come – al fine di agire sulla situazione rappresentata dalla seconda accoglienza, ottimizzare gli interventi già posti in essere e rispondere ai bisogni di salute della popolazione – assumano un ruolo preponderante la conoscenza del territorio e delle comunità straniere, il lavoro di rete tra servizi e privato sociale, e il lavoro di équipe. Emerge soprattutto la necessità di potenziare i servizi territoriali nella direzione di una sanità pubblica e di prossimità, di approfondire la conoscenza del territorio e dei bisogni della popolazione rafforzando un approccio reticolare e multidisciplinare anche attraverso la valorizzazione di figure di prossimità sul territorio, quali antropologi, mediatori linguistico-culturali, peer-educator, educatori sanitari di comunità.  Per supportare tali processi di cambiamento è necessario accompagnarli nel loro sviluppo, potenziando le buone pratiche sperimentate e facilitando un ragionamento sul futuro volto alla continuità.

 

Il gruppo di ricerca ha visto la partecipazione di:

Giulietta Luul Balestra

Antropologa, si occupa di antropologia medica e applicata, con un interesse particolare verso approcci di ricerca partecipativi. Ha lavorato e svolto ricerca sui temi della promozione della salute di popolazioni marginalizzate, della primary health care, della cura centrata sulla persona e della partecipazione comunitaria per la trasformazione dei servizi socio-sanitari. Dal 2010 collabora con Medici Senza Frontiere per promuovere l'approccio antropologico in ambito medico-umanitario. Al momento è Borsista di Ricerca presso l’Unità di Ricerca Qualitativa dell'AUSL IRCCS di Reggio Emilia.

 

Brenda Benaglia

Antropologa, si interessa di riproduzione e politiche della cura. Lavora nel campo dell’antropologia medica e da oltre dieci anni svolge ricerche nell’ambito dell’accompagnamento alla maternità nell’Ecuador andino e in Italia. All’Università di Bologna collabora con i Dipartimenti di Storia Culture Civiltà e di Scienze aziendali e con il Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale. È autrice del volume Lo spazio della doula. Pratiche di cura e accompagnamento alla maternità (Meltemi 2022).

 

Michela Marchetti

Antropologa, svolge attività di ricerca, formazione e intervento. Dal 2016 collabora con Oxfam Italia e con l’Azienda Ausl Toscana sud-est nel quadro della ricerca-azione e alla costruzione di percorsi operativi nei consultori familiari, nei dipartimenti di salute mentale e nei servizi per la cura delle dipendenze. Ha lavorato, come collaboratrice di ricerca, nella Fondazione Angelo Celli per una cultura della salute (Perugia), presieduta da Tullio Seppilli, svolgendo ricerche in ambito materno infantile, in quello della salute riproduttiva e del lavoro di cura. Ha collaborato con il Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale nell’ambito del progetto ICARE.

 

Chiara Moretti

Antropologa, svolge ricerche in antropologia medica prevalentemente focalizzate sulle condizioni dolorose croniche complesse. È assegnista di ricerca presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Parma, docente a contratto di Antropologia Medica presso il DIMES dell’Università di Bologna e di Discipline Demoetnoantropologiche presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell’Università di Tor Vergata (Ospedale Pediatrico Bambino Gesù). Ha collaborato con il Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale nell’ambito del progetto ICARE.