di Liliana e Paola Foresti Forti.
Non si può parlare delle carte di Guerrini senza accennare alla storia di tre famiglie che dopo la morte del Poeta hanno convissuto nella “casona” di Gaibola, percorso ed attraversato il Novecento sino ai giorni nostri partendo da ruoli ed esperienze molto diverse, affrontando insieme le traversie della guerra e del dopoguerra e ritrovandosi poi unite da un grande affetto ed una profonda stima reciproca tanto da realizzare, a suo tempo, il desiderio di unire i loro cognomi.
È stato attraverso i ricordi ed i racconti che ci sono stati trasmessi in famiglia nonché dalle testimonianze scritte (per nostra fortuna c’era l’abitudine di annotare gli eventi in fogli o diari) che abbiamo potuto ricostruire le vicende che hanno portato al recupero delle carte di Guerrini.
Sappiamo quanto Guerrini fosse uno spirito libero e amasse il suo “eremo” estivo che chiamava “la vigna” dove poteva godere delle gioie della famiglia, della compagnia dei numerosi ospiti di ogni colore e credo e soprattutto della pace del suo studio in mezzo alle sue carte e ai suoi libri. Come scriveva Lina era un lettore infaticabile:
Visse in mezzo ai suoi libri procurandosi una cultura meravigliosa tanto da farlo nominare dai suoi conoscenti un’enciclopedia vivente. I libri! Per lui i libri non erano cose inanimate. Della stampa non interpretava ciò che diceva ma lo spirito nascosto. Per lui un libro era una cosa vivente ed aveva abituato i suoi figli a rispettarli e a non sciuparli. Mai una piega segnalibro, mai bagnarsi le dita per voltare le pagine… Così i libri letti da lui sembravano ancora nuovi.
Dopo la morte del Poeta per alcuni anni la villa di Gaibola rimase chiusa; poi all’inizio degli anni Venti la vita estiva riprese lentamente il suo corso e la casa riaprì le sue stanze a parenti ed amici che di volta in volta venivano ospitati al fresco delle sue mura.
A fianco erano venuti ad abitare i nostri nonni con la loro numerosa famiglia e si occupavano, oltre al resto, della custodia e della cura della villa e del giardino mentre la vigna e i campi erano seguiti dai contadini che abitavano nella casa colonica.
Insomma, nonostante il periodo storico e le avversità, tutto sembrava prendere nuovamente vita e serenità.
Fino all’inizio degli anni Quaranta i carteggi di Guerrini erano stati accuratamente custoditi insieme alla ben nota biblioteca nell’amata dimora di Gaibola dalla moglie prima, dalla figlia Lina e dalla nipote Anna poi.
Fu dopo l’inizio della seconda guerra mondiale che le carte e i libri rischiarono di andare distrutti o di prendere strade e destinazioni diverse ed ignote.
Nel 1943 in particolare la residenza di Gaibola venne occupata dai tedeschi il cui comando generale si trovava nella villa di fronte. Alla famiglia, che in quell’anno aveva deciso di rimanere in campagna anche d’inverno ritenendo la città meno sicura, furono riservate solo due stanze e la cucina: tutto il resto fu requisito e utilizzato come alloggi militari mentre nelle cantine furono ammassati i cosìddetti rastrellati piantonati a vista dai soldati tedeschi.
Fu così che le donne Guerrini Forti, che all’epoca svolgevano servizio continuato all’Istituto Rizzoli come infermiere crocerossine volontarie, vennero a sapere che correvano voci che la villa custodiva la biblioteca di un noto poeta. Percependo il grande pericolo che incombeva sulla stessa, prima, a piedi, portarono in salvo i libri di cucina nascosti dentro a delle sporte; poi, attraverso l’intercessione di una Ispettrice della CRI, riuscirono ad ottenere da un ufficiale tedesco, che – come si venne a sapere – era particolarmente sensibile al patrimonio letterario (nel suo Paese pare fosse un insegnante universitario particolarmente appassionato di libri), la possibilità di trasferire, con due carri trainati dai muli, quanto più possibile in città. Come compenso per questo insperato aiuto l’ufficiale chiese di potere avere dalla signora Lina «un’opera del babbo».
Furono riempiti alla meno peggio dei sacchi di iuta e di stoffa con libri e carte e caricati sui carri, il tutto doveva avvenire con grande celerità in modo che i mezzi riuscissero a rientrare prima del coprifuoco.
I carri partirono per il Comando di via Alessandrini e solo il giorno dopo i sacchi furono trasportati a bordo di due camion in un luogo ritenuto sicuro ma certamente non idoneo alla conservazione della carta: lì rimasero fino agli anni Settanta. A tutt’oggi non siamo ancora in grado di sapere quanto materiale possa essere andato perso o distrutto in questa operazione di salvataggio.
Gli orrori della guerra portarono paura e distruzione e la casa rimase irriconoscibile, ferita, sventrata ma comunque abbastanza agibile. Fu con un gesto di grande generosità che vennero ospitate ben cinque famiglie di sinistrati (gli sfollati) che si accamparono dove e come possibile e rimasero svariati anni; gli ultimi se ne andarono all’inizio degli anni Sessanta.
Le cose a cui pensare erano tante: il lavoro, i lutti, risanare il risanabile dopo lo scempio della guerra e non ultimo cercare di riprendere una vita normale per cui le carte dovettero aspettare ancora a lungo prima di poter rivedere una collocazione più adeguata.
Fu grazie al nostro babbo che, col consenso di Lina e Anna, si cominciò a dare una prima ripulita e collocazione ai libri e alle carte e subito apparirono chiari i danni provocati dalla frettolosa collocazione, dall’umidità e dall’appetito dei topi. Eravamo comunque felici perché almeno si era riusciti a riunire ciò che gli eventi storici avevano separato.
In questi ultimi anni che ci hanno viste molto impegnate nell’accudimento dei nostri amati vecchi e nel rispetto dei loro desideri, ci siamo riavvicinate con grande emozione ai carteggi “addormentati” riprendendo lentamente il viaggio iniziato dal nostro babbo, con la speranza di dare vita ad un progetto di recupero e descrizione delle carte, e di studio di un grande personaggio, della sua opera e della sua epoca.