Il D.lgs 116/2020, entrato in vigore il 26 settembre 2020, ha introdotto una nuova definizione di rifiuti urbani (modificando la Parte IV del D.lgs. n. 152/2006, c.d. Testo Unico Ambientale) per recepire le disposizioni della Direttiva (UE) 2018/851 sui rifiuti e della Direttiva (UE) 2018/852 relativa agli imballaggi e ai rifiuti di imballaggio.
Dal 1° gennaio 2021 sono classificati ex-lege come rifiuti urbani, secondo criteri puramente qualitativi, i rifiuti prodotti dalle utenze non domestiche di cui all’allegato L-quinquies qualora rientrino tra le tipologie riportate nell’Allegato L-quater.
È stata contestualmente esclusa la possibilità, da parte dei comuni, di definire criteri qualitativi e quantitativi di assimilazione dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani e, allo Stato, di determinazione dei criteri qualitativi e quali-quantitativi per l'assimilazione dei rifiuti speciali e dei rifiuti urbani. Inoltre, è stato eliminato ogni riferimento ai “rifiuti speciali assimilati”.
La nuova definizione di “rifiuti urbani” (art.183 b-ter) include “i rifiuti indifferenziati e da raccolta differenziata provenienti da altre fonti (n.d.r. di origine non domestica) che sono simili per natura e composizione ai rifiuti domestici indicati nell'allegato L-quater prodotti dalle attività riportate nell'allegato L-quinquies“. I rifiuti generati dalle utenze non domestiche (UND) sono quindi classificabili come urbani (a prescindere dal loro conferimento al servizio pubblico di raccolta o sul mercato) se l’attività che li produce è riconducibile ad una delle categorie di attività elencate all’allegato L-quinquies e se i rifiuti sono ricompresi nelle tipologie dell’allegato L-quater.
Si specificano inoltre una serie di esclusioni non ricomprese nei rifiuti urbani: i rifiuti della produzione, dell'agricoltura, della silvicoltura, della pesca, delle fosse settiche, delle reti fognarie e degli impianti di trattamento delle acque reflue, ivi compresi i fanghi di depurazione, i veicoli fuori uso o i rifiuti da costruzione e demolizione che sono sempre e comunque “rifiuti speciali”.
Sono rifiuti speciali (D.lgs 152/2006, art. 184 comma 3):
a) i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività agricole, agro-industriali e della silvicoltura, ai sensi e per gli effetti dell'articolo 2135 del codice civile, e della pesca;
b) i rifiuti prodotti dalle attività di costruzione e demolizione, nonché i rifiuti che derivano dalle attività di scavo, fermo restando quanto disposto dall'articolo 184-bis (Sottoprodotto);
c) i rifiuti prodotti nell'ambito delle lavorazioni industriali se diversi dai rifiuti urbani;
d) i rifiuti prodotti nell'ambito delle lavorazioni artigianali se diversi dai rifiuti urbani;
e) i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività commerciali se diversi dai rifiuti urbani;
f) i rifiuti prodotti nell'ambito delle attività di servizio se diversi dai rifiuti urbani;
g) i rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue, nonché' i rifiuti da abbattimento di fumi, dalle fosse settiche e dalle reti fognarie;
h) i rifiuti derivanti da attività sanitarie se diversi da quelli all'articolo 183, comma 1, lettera b-ter);
i) i veicoli fuori uso.»
Vi sono dunque attività produttive di soli rifiuti speciali (quelle di cui alle voci a,b,g,h e i) e attività che possono produrre sia rifiuti speciali che rifiuti urbani (quelle di cui alle voci c,d,e,f).