"La scienza è fatta di dati come una casa di pietre. Ma un ammasso di dati non è scienza più di quanto un mucchio di pietre sia una casa. "
Jules-Henri Poincaré
INTRODUZIONE
Siamo in Società Medica Chirurgica a Bologna dove «Le collezioni librarie sono arricchite da importanti manoscritti, il più celebre dei quali è una copia della fine del XIV secolo o inizio del XV secolo dell’Anatomia di Mondino de’ Liuzzi. Poco o nulla si sa di come questo manoscritto sia pervenuto alla Società. Forse di proprietà di Antonio Alessandrini (1786-1861), fu da questi donato all’anatomico Francesco Mondini (1786-1844), che lo legò alla Società».
Ma andando a sfogliare il Bullettino delle Scienze Mediche, il vol. 6 della Serie 3, del 1844 a p. 152 , si riesce a dare un nome, un volto e una nuova storia …
SEDUTA DEL 18 GIUGNO 1844
«Si presentò un manoscritto del secolo XIV, che è un compendio di anatomia umana del celebre bolognese Mondino de Luzzi, mandato in dono alla Società dal Socio corr. Dottor Domenico Cavazzi medico in Subiaco. A questo manoscritto univasi una trascrizione ed interpretazione fatta dal donatore. Venne ordinato che fossero rese grazie al dottor Cavazzi per sì importante gradito dono, e che intanto si conservasse questo manoscritto fra gli autografi che possiede la Società».
E’ presente inoltre una Memoria, sempre nel Bullettino delle Scienze Mediche, alla Seduta del 9 maggio 1844, circa alcune considerazioni del Prof. Mondini su un Codice del 1300 di proprietà del Cavazzi. Si apprende di lì a poco poi, che il Mondini (erudito nella storia dell’anatomia) era stato interpellato dal Cavazzi in merito a dare un parere se quel manoscritto corrispondesse davvero all’Anothomia di Mondino de’ Liuzzi. Ottavio Mazzoni Toselli attestò che quel manoscritto aveva realmente l’antichità che gli si attribuiva adducendo prove come la qualità della carta, del carattere e delle sigle e il Mondini aggiunse ancora certezze derivate dal meticoloso confronto con ben dodici edizioni a stampa che egli possedeva di quell’opera. Uniche due differenze rilevate: la prima che il manoscritto comincia con le parole «Quoniam ut ait Galienus», mentre tutte le edizioni a stampa cominciano con «Qui aut ait Galienus», la seconda è che il Mondino dove parla delle malattie dell’utero aggiunge «ab Joanne nostro» intendendo probabilmente Giovanni Mesue medico filologo del IX secolo.
DEL MANOSCRITTO “ANOTHOMIA” E DEL SUO RAPPORTO CON DANTE ALIGHIERI
La medicina, entrata tardivamente nelle Università, divenne una materia di insegnamento solamente nel tardo 1200 ed entrò a pieno titolo a Bologna grazie all'opera di Taddeo degli Alderotti (1223-1303).
Discepolo dell’Alderotti, nonchè precursore dell’anatomia moderna, Mondino de’ Liuzzi nel 1315 eseguì all’Università di Bologna la prima dissezione ufficiale su cadavere umano e il suo esempio fu imitato ben presto dagli anatomisti di Montpellier e poi da quelli delle altre principali università europee.
Questa pratica tuttavia veniva effettuata soprattutto per il miglioramento delle tecniche chirurgiche piuttosto che per un reale approfondimento, in quanto era ancora molto forte l’influenza di Galeno, noto medico e chirurgo greco, e di alcune concezioni anatomiche che saranno superate solo alcuni secoli più tardi.
Anche se con una bolla papale di Bonifacio VIII (papa tanto inviso a Dante Alighieri) che nel 1299 emanò un documento ufficiale, De sepulturis, conosciuto anche col nome di Detestandae Feritatis, si vietava l’uso dei cadaveri, Mondino era potuto diventare un anatomista molto esperto con all’attivo un gran numero di dissezioni, perché all’Università di Bologna questa era una pratica normalmente utilizzata quindi “legale”.
Questo “legale” è probabilmente perché in realtà la bolla nacque con l’intento di vietare l’abuso sui cadaveri, soprattutto dei cavalieri morti in Terrasanta durante le Crociate, che venivano smembrati in diversi modi (esempio fatti a pezzi e bolliti per separare la carne dalle ossa) per essere inviati in Europa alle rispettive famiglie o per poterne interrare i pezzi in più luoghi considerati santi.
La Chiesa era dunque intervenuta duramente minacciando la scomunica per queste pratiche abominevoli, ma non c’è un richiamo per l’imbalsamazione del corpo dei santi o per le dissezioni per scopo scientifico.
La religione cattolica non impediva la dissezione perché “pulvis eris, pulvis reverteris” e il corpo era considerato solo un contenitore per l'anima. Quindi il binomio Medioevo uguale epoca di ignoranza dominata da una Chiesa oscurantista, dove razionalità e pensiero scientifico venivano schiacciati dal fanatismo religioso, viene superata dalla più recente critica storica che ha riscoperto nel Medioevo aspetti luminosi anche dal punto di vista della medicina.
Mondino comunque si cautela scrivendo in un passo dell’Anothomia che durante le dissezioni non si procedeva alla bollitura delle ossa e “si ha l’abitudine di lasciare stare”.
Una svolta chiarificatrice si ebbe solo nel 1482 quando papa Sisto IV autorizzò pubblicamente le dissezioni nell’Università di Tubinga in Germania dichiarando così una volta per tutte l'approvazione della Chiesa verso questa pratica, non però per la sottrazione di cadavere, reato invece punito.
Il 1316 è quasi sicuramente la data in cui scrisse Anothomia, un testo che sarà utilizzato da intere generazioni di studenti il cui grande successo era dovuto anche alla sua formula succinta, chiara e applicativa. Si tratta probabilmente di una collezione di “dispense” per i suoi studenti, e quindi compilata in momenti diversi, che illustra l’anatomia applicata alla chirurgia e alla clinica.
Nel testo, scritto senza dotte disquisizioni, vi sono prove che Mondino aveva già sezionato molti cadaveri di ogni età e d’ambo i sessi prima di compilare o mentre compilava la sua opera. Si fa cenno a dissezioni di frequenza quasi mensile non solo su esseri umani (i giustiziati o gente poverissima morta negli ospedali), ma anche su scrofe. Veniamo ora ai rapporti tra Mondino de’ Liuzzi e Dante Alighieri. Mondino, in qualità di allievo dell’Alderotti, partecipa a quel fervido e innovativo clima culturale che a Bologna nel XIII secolo connette insieme medicina e letteratura: e abbiamo moltissime testimonianze di questo connubio passate ad esempio attraverso i testi di Dante e Cavalcanti.
Partire dalla Commedia per intendere questa fitta rete di rapporti può essere suggestivo, illuminante per avanzare una serie di considerazioni senz’altro già proposte ma poco praticate e sviluppate.
Nel poema dantesco il celebre medico fiorentino Taddeo Alderotti è citato nel XII canto del Paradiso in merito alla narrazione della vita di san Domenico. All’impegno disinteressato di Domenico in difesa della fede non rivolta all’ottenimento di gloria mondana, Bonaventura da Bagnoregio contrappone la corruzione dilagante tra i chierici del tempo, interessati allo studio dei testi dell’Ostiense e di Taddeo, in vista del raggiungimento di un qualche successo nel mondo:
Non per lo mondo, per cui mo s’affanna di retro ad Ostïense e a Taddeo, ma per amor de la verace manna in gran tempo gran dottor si feo; tal che si mise a circuïr la vigna che tosto imbianca se ’l vignaio è reo. (Par. XII 82-87)
Se si riconosce nel «Taddeo» citato al v. 83 il noto medico della famiglia degli Alderotti e non il giureconsulto bolognese Taddeo Pepoli, come invece vogliono alcuni, Dante documenta con questo passo la fama raggiunta all’epoca da Taddeo Alderotti, professore all’Università di Bologna a partire dal 1260 e autore di numerosi testi universitari diffusi nelle facoltà di medicina.
Nel Convivio, più che come commentatore, Taddeo è annoverato come traduttore di un compendio dell’Etica di Aristotele; l’interesse per la filosofia del resto anima la sua scuola medica, che associa i principi filosofici alla scienza di Galeno ed Ippocrate. Qui Dante, con tono forse un poco spregiativo, definisce la lingua del suo volgarizzamento «laida», cattiva, in opposizione al volgare, sicuramente impeccabile, che lui stesso avrebbe utilizzato nel commento delle sue canzoni:
Onde pensando che lo desiderio d’intendere queste canzoni, a alcuno illitterato avrebbe fatto lo comento latino transmutare in volgare, e temendo che ’l volgare non fosse stato posto per alcuno che l’avesse laido fatto parere, come fece quelli che transmutò lo latino de l’Etica – ciò fu Taddeo ipocratista – providi a ponere lui, fidandomi di me più d’un altro. (Conv. I x 10)
Piuttosto che l’osservazione sul volgare non proprio eccellente dell’Alderotti, interessa qui che Dante lo riconosca come «ipocratista», che ripristina cioè sulla scorta di Ippocrate l’insegnamento clinico al cospetto del malato, e che inoltre tenga conto dell’esistenza di una sua traduzione dell’Etica. Da notare poi che questa era probabilmente una traduzione che Dante stesso doveva avere in qualche modo letto se è in grado di darne un giudizio.
Ma importa ancora di più il fatto che i due richiami a Taddeo Alderotti contenuti nelle opere di Dante, testimonino in primo luogo che la fama raggiunta dal medico fiorentino nel XIII secolo era non solo circoscritta all’ambiente medico, ma senz’altro diffusa anche a quello letterario e in secondo luogo la conoscenza di lui da parte di Dante.
Studiosi quali R.A. Bernabeo e A. Cerbo, affermano che «il desiderio di conoscenza e lo stesso senso del dubbio» di Dante indussero il poeta «a seguire a Bologna le lezioni del conterraneo Taddeo Alderotti» (Bernabeo) e che «a Bologna Dante seguì certamente le lezioni di filosofia e medicina» in quanto «considerava tutte le scienze di alto valore e tutte necessarie per conoscere l’ordine universale che la teologia poi fa comprendere nel suo significato provvidenziale» (Cerbo). Detto ciò, ma soprattutto in virtù di quanto dimostrato prima, si può ritenere certa la conoscenza del giovane poeta, studente universitario a Bologna, dell’operato del medico.
Si consideri inoltre il fatto che Taddeo Alderotti è, tra tutti i medici annoverati da Dante nell’intero suo corpus di opere, l’unico medico contemporaneo al poeta: gli altri infatti, collocati nella Commedia nel nobile castello degli spiriti magni (Inf. IV 143-144), sono Ippocrate (Purg. XXIX 137; Conv. I viii 5), Galeno (Conv. I viii 5), Avicenna (Conv. II xiv 7; III xiv 5; IV xxi 2), ed Averroè (Conv. IV 8).
Simili conclusioni si possono trarre in merito ai possibili rapporti tra Dante e Mondino de’ Liuzzi. E Mondino fu sicuramente discepolo dell’Alderotti a Bologna, così riportano le sue biografie e così raccontano gli studiosi che si sono occupati della sua figura di giovane medico e anatomista.
Mondino grazie alla sua Anothomia guadagna, dopo Taddeo, un ruolo di primo piano nella formazione medica di intere generazioni di studenti, debitrici dei suoi insegnamenti specie in materia di dissezione autoptica. Ma oltre a quello che di lui comunemente si ricorda, va considerato come, accanto alla fama di medico, Mondino possedesse una cultura non solo scientifica ma anche letteraria, in un periodo in cui la figura del medico era assimilabile a quella dello studioso a tutto tondo, attivo in ambito sociale, economico, politico, etico, letterario.
E proprio di interesse letterario è da ritenersi il prologo dell’Anothomia, una specie di discorso encomiastico in cui Mondino esalta la nobiltà della natura umana. Nel rilevare gli aspetti che elevano l’uomo al di sopra degli altri animali, la forma e posizione delle parti, il comportamento e l’assenza di capacità innate e infine la stessa composizione degli organi, l’autore traccia infatti le fila di un pensiero che verrà ampiamente accolto dagli umanisti anche dei secoli a venire.
Tale pensiero consiste nell’unione delle idee sulla costituzione fisica dell’uomo di orientamento galenico con l’insegnamento cristiano-platonico sull’esistenza di una natura spirituale nell’uomo e infine con l’intuizione aristotelica dell’uomo come animale sociale. Idee queste del resto non estranee a Dante, che mostra di averne piena padronanza in molti punti delle sue opere, Convivio e Commedia in primo luogo, e dunque parte di un orizzonte culturale comune.
Non è difficile ricostruire la serie di circostanze che permettono di ipotizzare la frequentazione bolognese fra Dante e Mondino. Va tenuto conto innanzi tutto del fatto che entrambi furono allievi di Taddeo Alderotti e dunque studiosi di medicina a Bologna. Se è facile immaginarli compagni di studi universitari occorre però affermare ciò con quel margine di incertezza che deriva dal fatto che Mondino era più giovane di qualche anno rispetto a Dante.
Le dovute cautele del caso non impediscono però di pensare ad un rapporto amicale tra i due o, al limite, ad una loro conoscenza indiretta, passata attraverso il riscontro positivo che gli studi anatomici del Mondino stavano riscuotendo a Bologna e nelle principali università europee nel XII secolo, soprattutto in seguito alla compilazione della sua Anothomia ma certamente anche prima.
Se si riconosce il 1316 come data di composizione dell’opera, non va infatti esclusa la possibilità che alcune porzioni del testo fossero state composte e diffuse da Mondino anche prima dell’inizio del XIV secolo, soprattutto se ritenute nate da una collezione di appunti compilata per gli studenti.
Ancora, è possibile sostenere anche per Mondino quello che Piero Giorgi, nella sua biografia, ricorda a proposito di Liuzzo, lo zio di Mondino, e cioè il fatto che nel Medioevo era frequente l’insegnamento e la pratica della medicina anche da parte di chi, non ancora insignito di qualifica accademica ma solo fregiato del titolo di magister, dispensava lezioni agli apprendisti medici mentre ancora erano in corso i suoi studi universitari. Così Mondino, il cui titolo di doctor gli è attribuito esplicitamente per la prima volta da due documenti del 1314 e del 1315, può avere impartito lezioni mediche e diffuso le sue conoscenze anatomiche in anni utili perché anche Dante ne venisse a contatto e ne facesse tesoro nelle sue opere.
La Divina Commedia, nelle numerosissime notazioni mediche ed anatomiche che riporta, soprattutto per rendere ben vivide le condizioni delle pene dei dannati nell’Inferno, in via congetturale può essere pensata debitrice dell’opera del Mondino.
È vero che l’Anothomia è redatta in manuale solo nel 1316, quando la prima cantica del poema dantesco risulta già conclusa (sia Petrocchi che Padoan la vogliono completa nel 1308), ma ciò non implica la mancata conoscenza di Dante delle teorie e delle pratiche mediche avallate dal Mondino, forse da quest’ultimo già raccolte in quelle dispense rivolte agli studenti di cui si diceva. O ancora, il fatto che il manuale anatomico di Mondino non fosse ancora diffuso alla data che segna la conclusione dei lavori per la prima cantica e il fatto concomitante che Dante avesse invece già incluso nell’Inferno nozioni anatomiche implicanti lo studio dei cadaveri dissezionati e dunque di competenze mediche specifiche e di uno scambio di conoscenze, porta a considerare l’ipotesi di un confronto, di uno scambio di conoscenze e dunque di una frequentazione tra i due.
Si pensi, prima fra tutte ad esemplificare questo scambio di conoscenze, alla descrizione volta ad illustrare la pena riservata ai seminatori di discordie nell’ottavo cerchio infernale, un taglio verticale che lacera il corpo dal mento fino all’ano, permettendo la visione di tutti gli organi interni:
Già veggia, per mezzul perdere o lulla, com’io vidi un, così non si pertugia, rotto dal mento infin dove si trulla. Tra le gambe pendevan le minugia; la corata pareva e ’l tristo sacco che merda fa di quel che si trangugia. (Inf. XXXII 124-129)
E anche l’utilizzo che Dante fa del termine “nuca” è indicativo. Nel canto XXXII dell’Inferno, nel nono cerchio riservato alle pene dei traditori, il poeta-pellegrino e Virgilio scorgono due peccatori confitti in una buca di cui uno, posto sopra l’altro, gli rode il cranio:
Noi eravam partiti già da ello, ch’io vidi due ghiacciati in una buca, sì che l’un capo a l’altro era cappello; e come ’l pan per fame si manduca, così ’l sovran li denti a l’altro pose là ve ’l cervel s’aggiungne con la nuca. (Inf. XXXII 124-129)
Con precisione scientifica Dante qui descrive la scena che vede il conte Ugolino della Gherardesca cibarsi della testa dell’arcivescovo Ruggieri e usa allo scopo la parola «nuca» (v. 129) nel suo significato propriamente anatomico di midollo spinale, allo stesso modo di quello che Mondino intende nel proemio dell’Anothomia con il termine «nucha».
Ciò per dire di come Dante fosse implicato negli studi medici del tempo (è nota la sua iscrizione alla Corporazione fiorentina dei Medici e degli Speziali), di come fosse attento a riportare in poesia precise nozioni scientifiche e infine di come fosse vicino all’operato di Mondino de’ Liuzzi.
Tanto è stato scritto sul Mondino e su Dante. E tanto ancora ne sarà.
Avendo prova certa dei rapporti intercorsi tra Mondino ed altri intellettuali, specialmente nella cerchia dei toscani, e non parliamo certo di un mondo accademico provinciale, è sicuramente probabile che abbia conosciuto bene Dante Alighieri.
L’accento si pone così, naturalmente, non solo sul fatto che nel 1323 il medico Fiduccio de’ Milotti, toscano che praticava a Ravenna, muore a Bologna mentre è ospite del Mondino (da ricordare che Fiduccio deve la sua fama all’amicizia che ebbe con Dante Alighieri durante la permanenza a Ravenna del poeta esiliato, nonché al fatto di avere agito come intermediario nella corrispondenza intercorsa tra Dante e l’umanista bolognese Giovanni del Virgilio), ma soprattutto perché dal 1285 al 1288 ambedue hanno frequentato lezioni all’Università di Bologna. Ancora, Dante aveva quelle stesse cognizioni di Anatomia e Fisiologia che avevano i dotti del suo tempo studiosi all’Università e non è una sciocchezza dare certo che abbia studiato medicina.
Questo lavoro è una storia che parte e finisce da un punto preciso: ciò che è posseduto dalla Società Medica Chirurgica di Bologna e i suoi rapporti con l’interno e con l’esterno. Né più né meno. Quindi se il Sighinolfi nel 1924 accenna a dipanare la questione sulla provenienza del manoscritto Anothomia in Società, non è assolutamente chiaro dal suo scritto dove prende le informazioni, per cui il tutto resta alquanto nebuloso e da verificare. Una delle cose certe però resta che la Società Medica Chirurgica è il fulcro da dove si irradia vitalità, vero interesse, autentica voglia di comunicare conoscenza tra i colleghi e naturalmente poi verso gli studenti. I rapporti tra i soci appaiono continuamente proiettati al diffondere del sapere.
Di Domenico Cavazzi, socio residente, si può leggere nel necrologio del luglio 1859:
«… speciale benevolenza la quale ei seppe procacciarsi colle belle doti di mente e di cuore di cui era ricco, acquistò molta valentia nella pratica clinica ed ebbe rinomanza di esperto medico».
Si laureò nel 1821 sotto la direzione del Tommasini e soggiornò in moltissime località in qualità di medico non risparmiandosi mai (nell’epidemia colerica del 1855 fu pure per non breve tempo a dirigere l’ospedale dei colerosi aperto nel convento di s. Lodovico ed Alessio), nemmeno quando la salute divenne molto malferma.
Si dice che facessero a gara «per averlo a stipendio», ma si parla anche della sua filantropia. Le gravi fatiche sostenute specialmente nell’esercizio di medico condotto, contribuirono non poco a portarlo alla morte per problemi cardiaci
«Con meravigliosa imperturbabilità contava le ore tormentose che gli rimanevano, e conservò integrità di mente e rassegnazione fino all’estremo anelito».
FONTI
Società Medica Chirurgica di Bologna
BIBLIOGRAFIA
Bullettino delle Scienze Mediche vol. 6 - Serie 3 - Anno 1844 – Seduta del 28 giugno 1844
Bullettino delle Scienze Mediche vol. 6 – Serie 3 – Anno 1844 – Cenni sulla vita e le opere di Francesco Mondini
Bullettino delle Scienze Mediche vol. 7 Serie 3 Anno 1845: Considerazioni intorno ad un Codice del 1300 dell’Anatomia di Mondino con alcune riflessioni che riguardano la storia dell’Anatomia – Francesco Mondini
Bullettino delle Scienze Mediche vol. 7 _ Serie 2 – Anno 1839 – Di alcuni errori occorsi nella Storia riguardante il MONDINO Ristauratore dell’Anatomia del Secolo XIV
Bullettino delle Scienze Mediche vol. I – Serie IX – Anno LXXXIV – 1913 – Testamento dell’anatomico Mondino dei Liuzzi
Bullettino delle Scienze Mediche vol. I – Serie IX – Anno LXXXIV – 1913 – Inventario dei beni lasciati dall’anatomico Mondino
Bullettino delle Scienze Mediche vol. 1 – Serie X – Anno XCV – 1923 – Mondino dei Liuzzi, episodio inedito – Guido Pantanelli
Bullettino delle Scienze Mediche vol. 12 – Serie 4 – Anno 1859 – Seduta delli 14 Luglio 1859
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