E’ durante la mattinata, prima della ripartenza verso Bologna, che ho la possibilità di visitare il Poliambulatorio di Lampedusa. Tra un’urgenza e l’altra, riesco a intervistare sul campo di lavoro, la psichiatra dott.ssa Enza Malatino, operativa nel centro due giorni a settimana, e la dott.ssa Pierangela Allegra, tecnica della riabilitazione che invece è presente lungo tutto l’arco della settimana. Insieme, le dottoresse, mi mostrano il bellissimo centro riabilitativo: un ambiente colorato per la presenza di vari murales, dotato di calcetto, televisore e biblioteca. La riabilitazione si fa fuori, tiene a precisare più di una volta Pierangela. A parte i 15 pazienti stabilmente in carico nella struttura, la maggior parte affetta da disturbi della sfera psicotica, sono molte le urgenze psichiatriche da gestire quotidianamente, sia quelle legate alle necessità degli isolani, sia a quelle dei migranti.
Solo durante la mattinata in cui io sono presente, vengono eseguiti due trattamenti sanitari obbligatori (TSO), con tutte le complicazioni legate al trasporto in elicottero dei pazienti al Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura di Palermo. Al Poliambulatorio di Lampedusa, come ovunque in Italia, giungono anche pazienti in autonomia per consultazioni psichiatriche. Mentre sto effettuando la visita ad esempio, arriva una donna, accompagnata dal figlio di 9 anni, in lacrime per aveva subito un’aggressione sull’ambiente di lavoro da persone che, prima ancora che colleghi, erano suoi familiari. Sull’isola, mi spiega la dott.ssa Malatino, la conflittualità è alta, sono molti i casi di consanguineità e non sono pochi i giovani pazienti che finiscono nel circuito della tossicodipendenza (tutti fattori di rischio noti per lo sviluppo di disturbi mentali).
Sul finire della visita abbiamo anche l’occasione di incontrare il responsabile del Poliambulatorio, il dottor Francesco Cascio, che con molta gentilezza e disponibilità si mostra interessato a una futura collaborazione con UNIBO sullo screening di problematiche di salute mentale nei migranti e nella popolazione autoctona, magari con la partecipazione di studenti UNIBO da coinvolgere sul campo.
Rientro a Bologna contenta per i molti incontri fatti in questi pochi giorni e arricchita dagli scambi e dalle conversazioni avute. Sono pronta a sviluppare e a valorizzare gli spunti ricevuti e le riflessioni fatte insieme ad altri professionisti attivi sul fenomeno della migrazione, nella attività di ricerca e nei nuovi servizi per la cura dei migranti a cui nel Centro BoTPT lavoriamo quotidianamente.