Laboratorio bibliologico

IL LABORATORIO

Il Laboratorio Bibliologico e di Informatica umanistica, unità operativa di ricerca dell’Archivio Umanistico Rinascimentale Bolognese (ARUB), ha sede presso il Dipartimento di Filologia classica e Italianistica dell’Università di Bologna, via Zamboni, 32-40126 Bologna. Diretto da Leonardo Quaquarelli, si è costituito nel 1991 e opera nel campo della storia del libro manoscritto e a stampa nel periodo umanistico. Sotto la guida di un Comitato scientifico oggi composto da Luisa Avellini, Ilaria Bartolini (DEIS-Unibo), Zita Zanardi (IBC Emilia-Romagna), Edoardo Barbieri (Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano), Elena Gatti, Leonardo Quaquarelli, Francesca Tomasi.

FINANZIAMENTI

Nel 1996-1997 Luisa Avellini ha ottenuto personalmente due finanziamenti del comitato 12 del CNR come coordinatrice locale (in collegamento con il Laboratorio bibliologico dell’ARUB) di una ricerca nazionale presentata dall’Istituto di Linguistica computazionale del CNR di Pisa. Titolo del progetto locale: Formazione di un archivio digitale di paleostampe con selezione di un campione significativo come base di apprendimento per una rete neurale.

DUE FILONI DI RICERCA

1.      Finalità scientifico sperimentale

La sperimentazione avviata dal LB-ARUB sull’applicazione delle tecniche informatiche all’analisi bibliologica degli incunaboli ha messo in luce, oltre alle possibilità complesse che le tecnologie avanzate offrono, la necessità di ripensare il quadro delle relazioni fra bibliografia, filologia e indirizzo storico-sociologico dell’indagine sulla paleotipografia e i suoi effetti nel mondo della cultura e nella trasmissione dei testi. Lo studio e la ricostruzione digitale della “cassa dei tipi” e della circolazione dei caratteri tipografici da un’officina all’altra riaprono infatti i termini della classificazione delle paleostampe. D’altra parte, i risultati della sperimentazione hanno portato anche a precisare il “contesto” tipografico riconoscendone la portata nell’alveo dell’indagine filologica, consentendo quindi anche di potenziare le funzioni della cosiddetta bibliografia testuale. Ciò significa recuperare l’opportuna relazione interpretativa fra testimone manoscritto e testo a stampa sia nella dimensione ecdotica, che in quella della produzione del supporto librario: infatti il LB punta a formare un archivio integrale delle espressioni scrittorie bolognesi, distinto nelle due sezioni: Tipi e Tipografi / Grafie e Copisti. Questo piano di lavoro (sperimentazione e risistemazione storico-metodica) è quello più proprio del LB in quanto centro universitario, porzione di un’istituzione addetta alla ricerca.

 2.      Finalità catalografiche-bibliotecarie

Il lavoro di censimento e revisione dei singoli oggetti prodotti dalla tipografia incunabolistica locale costituisce ovviamente un contributo fondamentale alla più approfondita conoscenza del patrimonio incunabolistico che ha avuto origine in area bolognese, nonché alla più completa catalogazione e conseguente possibilità di utile consultazione. La scala quantitativa limitata al di sotto del migliaio di esemplari offre il vantaggio di una verifica praticabile sugli originali.

 

            A partire da queste linee guida, nel concreto va ricordato che lo studio dello scorcio cronologico del secolo XV è reso particolarmente complesso dalla sovrapposizione di due mondi, quello del libro manoscritto e quello delle prime stampe. Per un verso infatti la codicologia del libro quattrocentesco ha ancora molti spazi da colmare, anche se coadiuvata dall’insieme dei risultati della filologia umanistica che per statuto deve necessariamente affrontare il problema di una grande mole di testimoni manoscritti e a stampa. Così, i risultati di approccio al problema ottenuti fino ad oggi, pur nella loro indubbia utilità per l’approssimazione allo scopo, sono ancora insufficienti per fornire i dati in vista di un’interpretazione complessiva della produzione libraria manoscritta nel periodo considerato. D’altro canto, gli studi sulla prototipografia, pur sviluppati ampiamente nel corso dell’ultimo ventennio, stentano ancora a muoversi su una prospettiva comprensiva, in termini di concreta realtà socio-culturale, anche dell’altro mondo librario da cui peraltro la prototipografia genera.

            In nome della volontà programmatica di infrangere la barriera invisibile innalzata fra le due diverse prospettive di studio, è stato ed è tuttora necessario impostare la ricerca secondo linee interpretative larghe, capaci di comprendere tutto il panorama offerto dagli oggetti librari qualunque sia la loro origine meccanica, il supporto materiale librario, la scrittura, la lingua, i testi contenuti. Un tale progetto non può essere perseguito però, come ben si comprende, sulla scala dell’intera penisola. Il palcoscenico prescelto da statuto, cioè lo studio sistematico della produzione culturale nell’area geografica emiliano-romagnola e in particolare bolognese, permette du affrontare con un buon grado di approfondimento problematiche intrecciate, solitamente non gestibili.

            Ma l’aspetto intrinsecamente più allettante dell’avvio della ricerca e del suo sviluppo a tutt’oggi è la possibilità di usufruire degli strumenti delle più avanzata tecnologia. In quest’ottica occorre sempre però precisare che il ricorso a mezzi elettronici non va visto come un semplice ausilio per abbreviare i tempi di determinati procedimenti di studio, bensì (di fronte a una fase in cui dai nuovi strumenti sono nate nuove domande) come dei chiavistelli per aprire prospettive nuove in un campo nel quale la ricerca erudita non è riuscita integralmente a delineare sequenze metodologiche adeguate alla complessità degli oggetti d’attenzione.

            Date queste premesse, la scelta programmatica di campo operativo di studio si è concentrata su due nuclei: da un canto gli artefici del libro manoscritto più facilmente rintracciabili, ossia i copisti; dall’altro i loro tradizionali eredi/antagonisti, cioè i tipografi (se nza dimenticare gli altri operatori compresenti nelle due diverse officine, come cartai e legatori).

           

            Non resta allora che mettere sul campo il percorso compiuto, dall’avvio del progetto di ricerca sullo scorcio degli anni Ottanta del XX secolo, per rispondere all’esigenza di documentare e valutare il ruolo della produzione libraria nel quadro generale, ancora in gran parte all’epoca in via di revisione, dell’età bentivolesca. Il lavoro dell’équipe di storia della stampa dell’Archivio Umanistico Rinascimentale Bolognese, costituitasi già nel 1988, si è giovata del supporto informatico dapprima per l’ovvia procedura di catalogazione e archivio di dati ( primo censimento dei tipografi in forma prosopografica; relative ricerche d’archivio sui contratti di stampa, sul commercio della carta e dei libri; revisione generale della bibliografia mondiale sull’incunabolistica bolognese). In un secondo momento, si è preso in considerazione l’uso attivo delle immagini digitali per l’analisi morfologica dei caratteri, a partire dall’idea dell’identificazione della “cassa dei tipi” impiegati da ciascun tipografo attraverso un sistema meccanico-automatico, che permettesse di superare l’empiria insita nella tradizionale misurazione di 20 linee di testo. Dopo i primi esperimenti condotti tramite la ripresa fotografica su pellicola e una successiva acquisizione digitale, si è proceduto alla digitalizzazione diretta degli originali, metodo che elimina, o almeno riduce di molto tutta una serie di problemi tipici delle riproduzioni fotografiche in analogico. Le procedure di image enhancement infatti consentono un uso dei dati molto più libero, tanto più in associazione con strumenti che confrontano e riconoscono gli oggetti studiati a partire dalla morfologia, senza dipendere strettamente dal fattore di magnificazione.

            La flessibilità degli strumenti adottati permette inoltre di registrare tutta la gamma di alterazioni, determinate dall’usura o dalla cattiva inchiostrazione, a cui ogni singolo segno tipografico può andare incontro. Frequentemente si incontrano nelle pagine di un’edizione esemplari di una stessa lettera recanti alcune piccole differenze, che all’analisi autoptica (non dimentichiamo che un carattere stampato di testo ha un’altezza dell’ordine dei 3-6 millimetri mediamente) non risultavano immediatamente percepibili. In tali casi, si assume a rappresentanza del “tipo” di lettera più di un esemplare. La rappresentazione digitale della “cassa dei caratteri” cos’ ottenuta diventa pertanto un elemento forte di identificazione dell’attività di ogni operatore della scena tipografica, con una ricchezza di informazione senza precedenti.

  

Attività in corso e risultati recenti

Sul fronte di Grafie / Copisti è uscita a stampa già la seconda edizione riveduta e arricchita del lavoro pluriennale di L. Quaquarelli, Il Quattrocento dei copisti: Bologna (ed. I libri di Emil, 2014, pp. 255) che nella prima parte fornisce la schedatura analitica prosopografica dei copisti operanti a Bologna riproducendo specimina delle loro grafie, nella seconda parte elenca e descrive nel dettaglio codici scritti a Bologna da copisti non identificati.

 

Sul fronte tipografico è approdato alla stampa nel 2018 il lavoro di Elena Gatti, Francesco Platone de’ Benedetti. Il principe dei tipografi bolognesi fra corte e Studium (1482-1496) Udine, Forum, 2018, il cui primo nucleo è nato all’interno del Laboratorio bibliologico ARUB alcuni anni fa come tesi di dottorato in Informatica e Storia. Il volume è dedicato alla formazione dell’officina, allo studio delle scelte culturali e tecniche e alla compilazione degli Annali delle edizioni del più famoso dei tipografi del Quattrocento bolognese.