Responsabile scientifico: Leonardo Quaquarelli
Comitato scientifico: Annarita Angelini, Gian Mario Anselmi, Luisa Avellini, Franco Bacchelli, Andrea Battistini, Francesco Bausi (Università della Calabria), Marco Antonio Bazzocchi, Concetta Bianca (Università di Firenze), Nicola Bonazzi, Rosaria Campioni (IBC), Clizia Carminati (Università di Bergamo), Loredana Chines, Francesco Citti, Elisa Curti (Università Ca' Foscari di Venezia), Angela De Benedictis, Jeroen De Keyser (Università di Torino), Francesco Ferretti, Paola Giovanelli, Lara Michelacci, Uberto Motta (Università di Friburgo), Mauro Novelli (Università di Milano), Fulvio Pezzarossa, Marco Presotto (Università di Trento), Francesco Sberlati, Francesca Tomasi, Luca Vaccaro, Paola Vecchi, Saverio Vita.
Scopo dell'ARUB, istituito nel 1986 sotto l'egida di Ezio Raimondi e avviato sotto il patrocinio amichevole di Augusto Campana e Paul Oskar Kristeller, è di promuovere la ricerca e la catalogazione delle fonti e di tutti i materiali utili allo studio e alla definizione della cultura bolognese-romagnola nell'età umanistica e rinascimentale, con particolare riferimento alla specificità dello Studio bolognese.
Dallo scorcio degli anni Novanta, con la nascita del supplemento di «Schede Umanistiche» titolato «Antichi e Moderni» - divenuto dal 2019 articolazione stabile come n. 2 dell’annata della rivista in chiave monografica – l’indagine si è allargata alla ricezione e alla dialettica fra classicità, classicismi e modernità. Dal 2009 poi, con la nascita della collana «Biblioteca del Rinascimento e del Barocco», il territorio di ricerca si è spinto ai confini dei secc. XVII e XVIII.
Un archivio umanistico a Bologna
di Luisa Avellini («IBC», 1997)
Per distinguere, in sede pubblica e su un palcoscenico di rilievo internazionale, il profilo del Centro di ricerca interdisciplinare avviato e costituito presso il Dipartimento di Italianistica fra 1986 e 1988 sotto la direzione di Ezio Raimondi, occorre riandare alla primavera del 1989. Fra l'aprile e il maggio, la giovanissima "istituzione" sperimentava la sua scommessa programmatica, orientata a congiungere il taglio erudito a baricentro municipale-regionale con le prospettive cosmopolitiche più avanzate di riconsiderazione storiografica della prima età moderna, su due banchi di prova determinanti. Da un canto, le giornate del convegno Sapere e/è potere. Discipline, Dispute e Professioni nell'Università medievale e moderna. Il caso bolognese a confronto (di cui dal 1990 si possono ripercorrere la struttura e i nodi problematici nei tre volumi di Atti), frutto della committenza dell'Istituto per la Storia di Bologna nel quadro di un organico programma di celebrazioni del Centenario dell'Alma mater dalla specola di una Civitas sempre connessa nei secoli al suo Studio millenario. L'ISB chiedeva un disegno della dialettica università-città fra Quattro e Cinquecento: la risposta fu articolata su un incontro seminariale all'anno per due anni (1987 e 1988), nei quali letterati. filosofi e storici della scienza e dell'università nonché storici tout court (della società e del disciplinamento d'ancien régime europeo) si ritrovarono a tessere, sempre più numerosi e con l'ausilio di un regesto sempre più ampio di fonti spesso approntate nei circuiti di censimento dell'ARUB stesso, il canovaccio dell'incontro finale: senza dubbio uno fra gli eventi convegnistici meno settoriali e meno rituali del Nono Centenario, accompagnato da una trama di «fecondità problematica» (Ezio Raimondi) attestata intanto dal "notiziario" annuale «Schede Umanistiche», del pari esordiente sulla scena dei periodici militanti nel work in progress.
Dall'altro canto, a pochi giorni dal primo arduo collaudo, una prova non meno "storica" attendeva i neofiti: nei due giorni di serrato impegno seminariale guidato da Paul Oskar Kristeller e da Augusto Campana, ospiti preziosi quanto severi precettori nella direzione di una antiquaria per così dire ambientale, rivolta al restauro complesso del clima culturale umanistico nel contesto delle sue istituzioni, delle relazioni, degli strumenti, delle ideologie, delle committenze, dei retaggi e degli equilibri mobili fra tradizione e innovazione. Un contesto prospettabile sempre da un punto d'osservazione locale, tuttavia inscindibilmente e dialetticamente simmetrico al punto di fuga generale, sovramunicipale, europeo.
La spinta propulsiva prodotta dai due appuntamenti traeva origine soprattutto dalla loro omogeneità rispetto ai contorni più meditati, e più impegnativi sul piano sperimentale, del programma ARUB: quelli di un'indagine «poligenetica a più campi e costellazioni di oggetti» (Ezio Raimondi), che sola poteva sperare di restituire l’immagine approssimata di un nodo storico-geografico altrimenti inestricabile; e, di conseguenza, quelli di un metodo di lavoro per progetti multipli e coordinati necessariamente integrati (e non tanto, o soltanto, per motivi finanziari) con una rete di sistematici rapporti interistituzionali: ricerche sui protagonisti della scena universitaria, censimenti di tutte le manifestazioni memorialistiche, in latino e in volgare, cronachistiche e diaristico-familiari ai vari piani della scala sociale e produttiva; rifocalizzazione del ruolo della tipografia nascente, della produzione libraria in tutte le sue forme, della scrittura nella sua poliedrica testimonianza di una civiltà.
La serietà dell’approccio prevedeva che il gruppo attivo di accademici di mezza età e di reclute in formazione si adeguasse a, anzi ostinatamente ricercasse, un continuo controllo e riassetto delle proprie procedure d’indagine nel dialogo diretto con i rappresentanti del vertice dello “stato dell’arte” nelle varie discipline: dai maggiori studiosi di Umanesimo italiani e stranieri alle associazioni di studi rinascimentali in Italia e all’estero; dall’esperienza paleografica e archivistica di Armando Petrucci al pool di competenze messe in opera presso la Soprintendenza per i beni librari regionale nel censimento delle cinquecentine attento all’autorità tecnica di Conor Fahy e di Luigi Balsamo, dai contatti con le associazioni internazionali di informatica umanistica alla collaborazione con il programma di studi e di censimenti incunabolistici di Lotte Hellinga della British Library.
Sotteso a un tale sforzo si dichiarava uno stile di lavoro specifico, volto alla riformulazione, nella chiave interdisciplinare ritenuta indispensabile e appoggiata alla potenza emergente dell’elettronica, degli strumenti intellettuali di ciascuno e del gruppo nel suo complesso; ma si manifestava anche una duplice opzione, che forse con un minimo di enfasi si potrebbe definire etica: il patto con il Maestro di alto prestigio, che garantiva con la sua presenza responsabile la qualità probabile dell’affermazione dell’ARUB, doveva essere costantemente verificato da un giudizio di qualità effettiva, conquistato nel concreto del fare e soprattutto, senza protezioni preliminari, nel campo aperto delle realizzazioni saggistiche, convegnistiche, testuali, catalografiche, di sperimentazione informatica delle varie équipes. E questa – nell’altro volto dell’opzione - era la prospettiva didattica per i più giovani, la cifra dell’addestramento a un costume intellettuale che sembrava non meno indispensabile dell’orientamento interdisciplinare: una via utile anche per mettere in opera una selezione oggettiva, come è puntualmente avvenuto nei fatti, delle attitudini più autentiche fra i giovani e delle più autentiche disponibilità all’impegno senza aggettivi fra i meno giovani.
Non è in questa sede possibile ricordare minuziosamente l’insieme ricco e articolato dell’attività del Centro negli ultimi cinque anni, fra seminari e convegni visitati e organizzati (valga, per tutti questi ultimi, la citazione dell’incontro internazionale del marzo 1993, svoltosi a Bologna e a San Marino essendosi istituita una collaborazione diretta con il settore di alto perfezionamento degli studi storici di quella Università, sul tema La Memoria e la Città); fra la trasformazione in periodico semestrale di «Schede Umanistiche» e il fausto avvio di una collana di Quaderni di «Schede Umanistiche» che nel suo terzo volume ha ospitato il punto Sul libro bolognese del Rinascimento curato da Luigi Balsamo, d’altronde direttamente impegnato a guidare con noi quel Laboratorio Bibliologico dell’ARUB che è oggi anche partner di una ricerca CNR nell’area delle tecnologie informatiche avanzate.
Per poter tuttavia considerare davvero formulata e fondata la risposta positiva alla scommessa dichiarata all’incirca dieci anni fa, manca la convergenza di una variabile ormai indipendente dalla nostra costanza quotidiana: la sostanziale chiusura degli accessi alla carriera universitaria, l’assenza di una prospettiva probabile se non sicura di inserimento professionale nella ricerca per i nostri giovani adepti minacciano il nostro futuro ancor più degli scarsi stanziamenti finanziari. La ricerca, e tanto più quella rischiosa e competitiva che scende in mare aperto, è un sistema dinamico delicato, che solo la costante e corretta interazione fra generazioni diverse può mantenere nell’efficienza che il patrimonio intellettuale italiano richiede e merita.