Data:
Luogo: Aula Magna di Santa Lucia, via Castiglione 36, Bologna
Tipo: Il maggio dei Classici
Agostino ci riferisce (La città di Dio, 19, 1, 1) che nell’antichità ben 288 dottrine (ducentae octoginta et octo sectae) si sono cimentate sul quesito “che cosa rende l’uomo felice” (quid efficiat hominem beatum). Le più svariate le risposte: chi poneva la felicità nella carriera (philòtimos bìos), chi nella gloria (philòdoxos bìos), chi nel piacere (philèdonos bìos), chi nelle ricchezze (philochrèmatos bìos), chi nella politica (politikòs bìos), chi nella conoscenza (philòsophos bìos).
Felicità è parola assoluta che abbiamo pudore persino a pronunciare in riferimento alla nostra esistenza. Oscillanti le stesse parole per definirla: insufficiente il latino felix, detto di qualcuno o di qualcosa “che ha successo, prosperità”, e quindi anche “fecondo, fertile”; ambiguo fortunatus, voce neutra, “in preda alla fortuna favorevole o sfavorevole”, non corrispondente al greco eutychès, che ha significato solo positivo, “raggiunto da buona sorte”; improprio laetus, “lieto”, traslato dal significato originario di “grasso, fertilizzante”. Dobbiamo rassegnarci a beatus, che in verità rinvia – come nelle Beatitudini evangeliche – a una dimensione interiore, spirituale ed etica; e che sconta anche l’inadeguatezza dal calco italiano “beato”, parola che rinvia a un campo semantico ormai sequestrato dal linguaggio ecclesiastico che lo adotta nel processo di canonizzazione. L’equivalente greco di beatus, più che makàrios, propriamente detto degli dèi immortali, era eudàimon, a significare che felice è colui che è assistito da “un buon demone”. Potremmo dire che mentre la makariòtes è propria degli dèi, l’eudaimonìa è propria degli uomini.
La lingua stessa dunque sembra impari e incerta di fronte a questo concetto assoluto: quasi percepissimo la felicità più come una aspirazione che un possesso, più come un’assenza che una presenza, più come un’idea che una cosa. Che si debba convenire con Nietzsche il quale sentenziava: “la felicità non ha volto, ma spalle: per questo noi la vediamo quando se n’è andata”?
giovedì 4 maggio 2017, ore 21.00
LA VITA FELICE
CARLO CARENA e IVANO DIONIGI
Letture da Erodoto, Epicuro, Orazio, Seneca, Agostino
Interpretazione: ROBERTO HERLITZKA e MANUELA MANDRACCHIA
Musiche dal vivo: GIUSEPPE FAUSTO MODUGNO
giovedì 11 maggio 2017, ore 21.00
BEATITUDINI
GIANFRANCO RAVASI
Letture da Antico e Nuovo Testamento
Interpretazione: LUIGI LO CASCIO
giovedì 18 maggio 2017, ore 21.00
RICCHEZZA
MASSIMO RECALCATI
Spettacolo Plutocrazia di ARCHIVIO ZETA, dal Pluto di Aristofane
con GIANLUCA GUIDOTTI, CIRO MASELLA, ENRICA SANGIOVANNI
giovedì 25 maggio 2017, ore 21.00
FELICITÀ E POLITICA
MASSIMO CACCIARI
Letture da Aristotele, Cicerone, Tommaso d’Aquino, Spinoza
Interpretazione: ELISABETTA POZZI e TOMMASO RAGNO
Servizio a cura del Cineca