Dal punto di vista molecolare più del 90% dei GIST è caratterizzato da una mutazione specifica a carico di c-KIT, un proto-oncogene localizzato sul cromosoma 4q11-q12 che codifica per la proteina di membrana KIT, un recettore tyrosin-kinasico per lo stem cell factor (SCF).
Tali mutazioni di tipo “gain of function” sono responsabili di un’attivazione costitutiva del recettore, che sembra rivestire un ruolo cardine nel processo di sviluppo di questi tumori (1). La mutazione di più frequente riscontro, in circa il 65% di tutti i GIST, è quella a carico dell’esone 11, che codifica per il dominio juxtamembrana intracellulare del recettore.
Altre mutazioni sono quelle a carico degli esoni 9, 13 e 17, che codificano rispettivamente per il dominio juxtamembrana extracellulare, per il dominio tirosinchinasico e per il dominio della fosfotransferasi e che sono presenti in circa il 10% dei GIST (2).
Tuttavia una piccola percentuale (5-7%) di GIST non esprime la mutazione a carico di cKIT, bensì del recettore α del fattore di crescita di derivazione piastrinica (PDGFRα), una tirosyn-chinasi strutturalmente omologa a cKIT ed implicata negli stessi circuiti di segnalazione intracellulari (3,4).
Le mutazioni del PDGFRα sono mutuamente esclusive rispetto alle mutazioni di KIT e coinvolgono nell’80% dei casi l’esone 18 e nei restanti casi l’esone 12 (10-15%) o l’esone 14 (1-5%).
Infine circa il 10-15% dei GIST, definiti wild-type, non presenta alcuna mutazione sia a carico di cKIT che di PDGFRα, suggerendo la probabile esistenza di meccanismi patogenetici molecolari alternativi (5).
Attualmente lo standard terapeutico per i pazienti affetti da GIST in stadio avanzato è rappresentato da Imatinib, un inibitore tyrosin-kinasico di KIT e PDGFR, in grado di indurre una risposta parziale o una stabilità di malattia dal 75% al 90% dei casi (6). Lo stato mutazionale di cKIT e PDGRFα sembra essere predittivo della risposta clinica all’imatinib: infatti pazienti portatori di una mutazione a carico dell’esone 11 mostrano un tasso di risposta del 83.5%, rispetto al 48% osservato nei pazienti con mutazioni a carico dell’esone 9, mentre i pazienti con mutazione puntiforme D842V a livello dell’esone 8 di PDGRFα risultano resistenti all’imatinib (3,4,7,8). I GIST wild-type risultano essere maggiormente resistenti all’imatinib, con una percentuale di risposta o di stabilità di malattia variabile a seconda degli studi considerati. Tuttavia, nonostante la buona risposta iniziale al trattamento, la maggior parte dei pazienti va incontro a progressione di malattia, per l’acquisizione di mutazioni aggiuntive che inducono una resistenza secondaria al farmaco (9-11).
Sunitinib, un inibitore tirosin-kinasico multitarget di VEGFR, PDGFR, KIT e FLT3, si è dimostrato essere in grado di indurre un tempo alla progressione significativamente maggiore rispetto al placebo e rappresenta attualmente lo standard di trattamento di seconda linea dopo sviluppo di resistenza o intolleranza all’imatinib (12). Sono disponibili risultati preliminari riguardanti la correlazione tra la resistenza al sunitinib e lo stato mutazionale del sito di legame del farmaco alla tasca intracellulare dell’ATP (13).
A fronte di una ricchezza di dati disponibili in letteratura riguardo allo stato mutazionale di cKIT e PDGFRα e correlazione con la sensibilità o resistenza all’imatinib, vi sono diversi pazienti che non rispondono alla terapia subito o nel tempo. Studi di genomica più ampi e innovativi condotti sui GIST, quali il profilo di espressione genica e il genotyping, sono necessari in quanto le conoscenze sul background molecolare di questi tumori sono ancora parziali, in particolar modo delle forme wild-type, per le quali numerosi quesiti circa i meccanismi patogenetici, le vie di segnalazione intracellulari alternative e alla resistenza farmacologia rimangono tuttora aperti e irrisolti. Riteniamo dunque che uno studio globale di genomica dei GIST, mediante la valutazione dello stato mutazionale di cKIT e PDGFRα assieme al profilo di espressione genica e genotyping, possa dare un valore aggiunto alle conoscenze attuali sulla biologia di questi tumori, in particolar modo delle forme wild-type, che rimangono un campo di ricerca ancora vergine.
Saranno arruolati pazienti giunti alla nostra osservazione con diagnosi di GIST. L’analisi molecolare verrà condotta sul materiale biologico ottenuto dalle seguenti fonti:
Su ciascun campione così ottenuto verrà condotta un’analisi molecolare globale che comprende: